Un oscuro viaggiare(6)

 

Si scoprì, una volta di più, a guardarla come fosse l’altra Norma: pazzo di desiderio e con tenerezza. Avrebbe voluto lasciarla fluttuare leggera, sarebbe stato il modo migliore per far sì che sopravvivesse. Forse era in quello stato che aveva attraversato foreste e montagne, arrivando lì, sana e salva. Invece, le parlò dei suoi trascorsi: dei legami con la guerriglia, della delazione, e della morte che le camminava a fianco. “Deve andare via e subito!”Aveva concluso. E dicendolo, si era sentito di ghiaccio. Ogni tanto, il diavolo spremeva le meningi, qualche goccia di viscidume colava sull’asfalto. Evaporando, subito causava l’effetto sauna. Ma si sentiva il gelo nelle ossa, nel vederla allontanarsi di nuovo. Si guardarono ancora in silenzio. “Capisci?” Insistette. Entrambi erano reduci di qualcosa di indefinibile e che sarebbe rimasto sospeso. Era arrivato allo zocalo che era pomeriggio tardi. “Mi porterai indietro?” aveva detto, quando un briciolo di memoria era tornata a scorrere .In piazza c’era molta gente. Era l’ora dello struscio. E la bella gioventù creola flirtava compìta. “Mi porterai indietro in Guatemala?” Rimbombava nella testa. Le aveva detto: “I conti non tornerebbero comunque. Per quanto riguarda i miei superiori, dovranno fare a meno di te: vorrà dire che mi licenzieranno.” L’irruzione di un plotone di soldati, al rullo di tamburo, ricordò agli astanti che era tempo per l’ammainabandiera. Si alzarono. Gettò una banconota e uscirono in strada. Aveva chiamato un taxì e l’aveva accompagnata al terminal degli autobus. Le comprò un biglietto per Mexico city. E la vide partire. Vide la figura rimpicciolirsi, dietro al finestrino, fino a sparire. La gente, anche quella seduta, si era messa sull’attenti. E, agli squilli di tromba, fu tirato giù il vessillo. Tutti parvero rilassarsi: la recita del giorno si era conclusa. Lui sedette su una panchina a godersi il paseo. Le aveva chiesto dove alloggiasse. “Al Blanca, stanza 29″, aveva risposto. L’hotel era proprio di fronte a lui. Anzi, ci aveva già fatto un giro, scoprendo che aveva ospiti in camera. Non ci pensò nemmeno a disturbarli: quando si fossero stancati avrebbero tolto il disturbo. Lei avrebbe voluto passare per i bagagli. Ma lui l’aveva sconsigliata.” Meglio partire senza indugi”, aveva insistito. Con calma, li avrebbe recuperati lui. C’erano i suoi ex amici ad aspettarla, non volevano correre il rischio che lei rovinasse la loro reputazione. Fissando ogni tanto l’edificio,un’impellenza gli si fece largo nella mente, sotto la spinta di battiti tumultuosi in petto: doveva vederla. Un bambino vendeva orchidee .Comprò la più bella. Andò in hotel. Salì in camera. Assorta, stava guardando fuori dalla finestra. Lasciò scivolare il fiore sulla guancia, per poi sprofondare nella scollatura; mentre, con un bacio, le sfiorava le labbra. Lei, con grazia sensuale, si scoprì il seno. Prese il fiore ,lo fece scorrere alla base e poi sui capezzoli; infine sulla gola, per poi baciarlo. Aveva voluto proteggerla e l’aveva persa ancora. Si trovava in cima alla piramide, quella diroccata, carezzata dalle nuvole basse: quella da raggiugere solo a nuoto. “Era morta” le aveva detto,parlando dell’altra Norma.” Non avresti potuto salvarla?” Si erano intrecciate le mani. Aveva sprofondato il viso nel suo grembo.Fu naturale spogliarsi anche della pelle: fasci di nervi flessuosi, a reclamare armonie vibranti di desiderio. “Sono arrivato tardi…troppo” Baci a suggere bevande dai recessi onirici. Si riscoprì a volare ancora da “una”Norma. “Se non avessero sbagliato…” Si allacciavano in una danza immobile: ogni volta saliva le scale. Avanzava per il corridoio. “Non sarebbe cambiato nulla, l’avrebbero uccisa lo stesso: il nemico più pericoloso è quello che, aiutando, porta a prendere coscienza dei propri diritti. “Apriva la porta. Le porgeva il fiore. Si baciavano. Si amavano con foga insistita. Ed era sempre fermo sulla panchina, nella piazza principale ,che fissava l’hotel Blanca.

segue…

woodenship 11/05/2011

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