Un oscuro viaggiare(3)

Gli aveva accennato di una sorella, un giorno. Gli aveva detto che entrambe avevano la passione per i mercati indigeni e l’artigianato. La sorella lavorava come archeologa nello Yukatan, da qualche parte, forse a Merida. In poche parole sapeva poco o nulla di lei. Ma sentiva che doveva trovarla ad ogni costo: era in pericolo. Abbandonò il furgoncino a poca distanza da Merida. Lo lasciò avvolto dalle fiamme che esalava un fumo nero e denso nell’aria appiccicosa. Camminò fino a quando si sentì sicuro e lontano da lì, proseguendo per la città. Giunto accanto ad un cartello di fermata, attese il passaggio di un pulman che non tardò molto.

Il battello flottava sull’acque profonde e indolenti del lago, tracciando una scìa ribollente. Lui era disteso sul tetto della cabina. Lei gli era seduta accanto, con la mano gli carezzava la fronte. La vedeva risplendere nel cielo d’indaco, con alle spalle le sagome severe delle montagne. Era la stagione delle piogge: dopo mezzogiorno, puntuali, nuvole assassine, di soppiatto scavalcavano le cime per andare ad uccidere il sole. Quella volta, la scena lo lasciò ammutolito. Provò un senso di nausea. Doveva essere il puzzo che si sprigionava da un fardello che era stato sistemato sopra il sedile appena dietro. Una maya, ben in carne, stava parlando di tamales(involtini fatti con impasto a base di mais ripieno di carne, verdura o altro, avvolto poi in foglie di pannocchia, mails, banano o avocado) da vendere al mercato con delle comari, era sua la cesta puzzolente.

Quando arrivò in città, era già molto tardi. Trovò un alloggio in un hotel vicino al centro. Giunto  in camera, si lasciò andare sul letto, sprofondando all’istante in un sonno pesante, denso come il frinire di cicale, nel meriggio afoso del sogno che tornava implacabile a rivivere. Si trovava sotto la coltre della boscaglia e c’erano altri uomini con lui, coi quali stava discutendo animatamente. Vicino scorreva un ruscello che, precipitando a valle, formava delle vasche con tonalità dall’azzurro di lapislazzuli al verde pastello. La discussione era lì per degenerare. A terra giacevano degli stracci dalle macchie vistose di sangue rappreso, a celare qualcosa come un corpo. Ad un tratto, aveva sfoderato la pistola, puntando e facendo fuoco. Ed aveva visto i corpi afflosciarsi, sussultando per poi scomporsi oscenamente. Andò per scoprire cosa c’era tra i cenci. Ma sentì un bruciore al braccio. Girandosi fulmineo, d’istinto sparò ancora: un altro uomo piombò riverso nella pozza, tingendo di rosso l’acqua. Toccandosi il braccio, anche la mano si fece vermiglia: era solo un graffio. Ora nulla si frapponeva tra lui e quelle stoffe. Si accinse a svelarne il contenuto, sollevando le pezze come veli che aumentavano sempre più di numero e spessore. Più ne toglieva e più  ne spuntavano. Le tempie iniziarono a pulsare sempre più forte, tanto che si svegliò di colpo, stranito e dolente. Si accese una sigaretta. E attese che fosse giorno.

Le aveva promesso di guidarla fino in cima al vulcano S.Pedro. Era d’estate. Le mattine erano sempre soleggiate. E buio fondo era, quando si inerpicarono per il sentiero,passando per campi di alte piante di maìs. Dopo alcune ore di salita, arrivarono in cima al vulcano. La vista che si aprì ai loro occhi era straordinaria. Il lago brillava, specchio fatato. Lo splendore, quieto e aspro di quel panorama, nulla diceva della violenza che scorreva invisibile nelle vene, e persino nella linfa delle piante sulle pendici dei monti. Ma loro due si erano sempre cercati ed amati. E, sul cratere del vulcano, si rivelarono: lei, Norma, curava le ferite che, egli, causava coscienzioso nell’interesse del “bene supremo”. Ma lui oscurò quel particolare. era solo un addetto all’ambasciata USA in Guatemala. Anche lui era in vacanza. E per un paio d’anni, non esistette altra verità al mondo. Almeno, fino a quando non aveva scoperto quel mucchio di cenci. Erano al mercato di Chichicastenango, sul sagrato della chiesa, decine di fedeli indigeni lo riempivano di fumi d’incenso, aspergendo instancabili con incensieri improvvisati, quando gli aveva parlato della sorella.

woodenship  06/05/2011

16 pensieri su “Un oscuro viaggiare(3)”

    1. Anch’io entusiasmato da questo tuo seguirmi appassionato. Spero di non deluderti e di mantenerti incollata alla sedia… Un sorrisone, diciamo, molto più terra terra, almeno un po’ interessata all’argomento……..Un bacione più tenero che mai……

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  1. Eccomi, eccomi! La storia si è ingarbugliata e la curiosità aumenta. Faccio copia-incolla, per avere alla fine il racconto da leggere tutto intero … e corro a leggere la parte successiva … ma … 2 – 3 – 4 … esiste una parte 1 che non ho visto? Vado a leggere, ciaooooo

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