Si era svolto tutto così rapidamente, che era rimasto lì, appoggiato allo stipite della porta spalancata. La musica era ancora assordante, a sovrastare l’entusiasmo rumoroso del pubblico. E vedeva solo sangue: pozze e schizzi ovunque. Lo stesso colore di quello che aveva sparso il toro disgraziato della corrida al pueblo. Lo squallore della scena aveva qualcosa di analogo. Il toro se ne stava lì, più che pacifico ,indolente. Non ne voleva sapere del torero abborracciato. Ma questi lo provocava, facendogli aria con la muleta. Il toro gradiva il fresco, ma doveva pur muovere le zampe anchilosate.Il torero, sotto sguardi grondanti malvagità infantile, a quel punto provava ad infilzarlo. Col risultato di stortare la lama, provocando solo graffi dolorosi al disgraziato animale. Aveva finto di cedere. E li aveva condotti all’hotel. Nella hall, il concierge aveva provato a fermarli, ma, uno degli sgherri, aveva mostrato un distintivo della polizia federale. Dalla piazza giungevano le note della banda scatenata e degli olè del pubblico entusiasta. Il toro si scrollava, come per togliersi di torno un tafano. William li aveva condotti, per le scale, al primo piano. Il corridoio era deserto. Alla fine, altri campesinos decidevano, annoiati e infastiditi per la pochezza degli attori, di trascinare il renitente fino ad un albero e di legarcelo. Si era fermato davanti alla stanza 29, proprio quando, dopo una pausa, l’orchestra aveva riattaccato con una danza ancora più indiavolata. Ballerini acrobati si lanciavano nel ballo vorticoso, tenendo in equilibrio sul capo vassoi con tazze, bicchieri, bottiglie o vasi, saltellando giulivi. Aveva bussato. Nessuna risposta. Il colonnello aveva messo mano alla pistola. Gli altri avevano estratto mitra corti da sotto le giacche. Nel disinteresse che si faceva generale,il torero ci provava ancora, con un coltellaccio, ‘stavolta. La stanza pareva vuota e buia,ma sul letto c’erano abiti e per terra le scarpe. Dal bagno veniva una luce. Erano Entrati. William col suo custode, erano rimasti vicini all’uscio. Il colonnello era andato verso il bagno. Gli altri due si guardavano in giro. Un banderillero, impietosito, affondava il colpo di grazia al toro. Una pozza di sangue si allargava e schizzi finivano persino sulle prime file delle tribune improvvisate. William aveva colpito per primo, disarmandò l’angelo custode, gli aveva spezzato il collo fulmineamente. Nel medesimo istante si era scatenata una tempesta di fuoco: due “amici di Norma”, spuntati fuori dal nulla, avevano ucciso sul colpo i due sgherri, prima che il colonnello fosse riuscito ad eliminarli con freddezza d’assassino .Egli stesso era rimasto colpito. Si era appoggiato alla parete. Rimanevano loro due. “Mi manca solo lei.” Disse gelido William nel prendere la mira e sparargli giusto in fronte. Era la fiesta del pueblo. Una fiesta che era un mortorio. Appena fuori dalla cantina, due musicisti improbabili: uno con una fisarmonica rappezzata, l’altro con un’asse e tre fili di ferro tirati da chiodo a chiodo, continuavano a ripetere:”iBorracho!” Ubriaco, esuonavano, suonavano. Quando pareva tutto finito, un altro degli ex di Norma era venuto fuori dal bagno, sparando come un forsennato contro William, questi lo aveva centrato, ma era rimasto anch’egli colpito. Giù in strada la musica impazzava, indiavolata tra le ovazioni del pubblico e
gli”olè”entusiastici. William era riuscito ad appoggiarsi con le spalle allo stipite della porta, e aveva chiuso gli occhi.
Nella caverna si ritrovò che le ombredanzavano lente sulle pareti istoriate di graffiti .La caccia non era stata buona. Uno squarcio sul fianco, tamponato con erbe, lo faceva tremare di febbre. Su di sè sentì lo sguardo della femmina: gli stava seduta accanto. Si allungò, delicata, al suo fianco per scaldarlo. Riaprì gli occhi che era ancora buio. Si rigirò sull’amaca. Il ronzìo dei mosquitos, il muggire delle rane toro, l’avevano svegliato. La selva incombeva non più minacciosa. Il respiro si accordava a quello della vegetazione: un palpitare comune di vene, pelle, foglie e tronchi. Si avvolse nel lenzuolo e sognò: il blue bird che lasciava Huehuetenango, per poi svoltare sulla Panamericana,verso La Mesilia, Messico. Vide le cime dei pini orlare l’orizzonte. Inclinò il sombrero sugli occhi e tornò nella grotta. La donna lo stava massaggiando con essenze. Un fresco sentore si diffondeva per le membra. Non tremava più. Approfittò del raggio di sole, che s’era stampato sul braciere spento ed uscì.
fine prima parte…
woodenship 11/05/2011
quanto amo questi tui racconti …le locations…abbiamo la stessa passione…baci di un’america così viva e dolente!
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Yo tambien amo estos lugares, muchas gracias querida viki…
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buenas tardes, amigo de mi corazón
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Suerte…
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Ho cominciato a scriverti non pensando che ci fossero ben 7 parti nella prima parte … bé … mi sono davvero persa … arrivata fin qui, ho perso il filo di tutta la storia … comincia a sembrarmi una specie di testo di teatro dell’assurdo … Ionesco ambientato in America Latina … mi incuriosisce ma è troppo lungo per essere un semplice racconto, si rischia di perdere la trama … ad un certo punto non ho più nemmeno capito chi era il protagonista, sono andata in confusione totale … colpa mia probabilmente … non so … magari sono rinco……ta e non riesco più ad afferrare le cose … Insomma, adesso copio e incollo tutto e lo rimetto insieme, poi domani rileggo … e ti dirò … lascio in sospeso la mia critica letteraria … per ora … 😕
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Vedi? Ho anche scritto 7 parti e sono 8 invece … 😕 😕 😕
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Smaaaack!!!!!!
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Ti aspetto e, soprattutto: prendila con calma. Ammetto che il racconto è scritto in modo molto particolare, dunque di non facile lettura. Spero che alla fine tu ne possa venirne a capo. In ogni caso io ci sono e puoi chiedermi tutte le delucidazioni del caso…. Bacionissimo
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Sento di aver fatto una corsa insieme a te! Non ho più fiato. Credo che mi riposerò un po’ nella grotta anch’io. Sei pieno di sorprese, amico mio. Piacevoli sorprese!
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Sono davvero felice che ti piaccia questo racconto lungo. Se può incoraggiarti, ce ne sono un’altra decina di puntate. Spero che tu possa perdonarmi, un giorno o l’altro, per averti costretta a correre con questo caldo infame. Del resto dicono che certe letture bisogna farle in estate… Un abbraccione d’immenso e grazie ancora per la generosa accoglienza…
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Son curiosa di scoprire cosa ci sarà alla fine della corsa… 😉
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Non dovrai aspettare molto, soltanto il tempo che riesco ad organizzarmi: il tempo è quello che è. Il racconto già pronto, ma devo adeguarli a wordpress. Tu abbi pazienza. Nell’attesa ti lascio l’immagine di una bella fetta di melone da spizzicare……
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Stuzzicante!
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Se hai tempo puoi leggere già altri due capitoli… Bacio…
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Ho visto!
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